Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
Legislatura provinciale
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Comune di Trento
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Trento, 11 ottobre 2012 Gentile Direttore, vorrei esporre innanzitutto il mio dissenso e rammarico per due ragioni. Dissenso e rammarico sia per la cancellazione del nome prestigioso e significativo del sindacalista cislino Giuseppe Mattei, sia per come è stata condotta la discussione sulla toponomastica nell'area ex Michelin: quasi interamente nelle sedute di commissione, ben undici, molto e diffusamente sulla stampa, e infine in alcuni consigli comunali, nelle ultime settimane, durante i quali, quanto meno, è stato possibile entrare nel merito delle ragioni che hanno portato a questa infinita diatriba e ad uno stallo insopportabile nel lavoro d'aula. Tutto ciò non ha fatto bene a noi consiglieri né alla città che qui rappresentiamo, né ci ha ingraziato l'opinione pubblica, ormai poco disposta a consentire perdite di tempo e balletti a spese della collettività. Poteva essere un'occasione di dibattito/altro da contrapposizioni faziose, con un'attenzione sincera e disinteressata alla storia, alle nuove generazioni, al bisogno dei cittadini di identificarsi col luogo in cui vivono anche a partire dal nome che lo declama. Alle donne, eternamente penalizzate. Si è ridotta la discussione a qualcosa di ideologicamente pretestuoso, spesso stucchevole e inesatto nella narrazione di fatti e persone, irrispettoso degli eventi e dei protagonisti di pagine di storia alle quali la distanza temporale avrebbe dovuto restituire dignità e verità. Alessandro Manzoni, nell'introduzione ai “Promessi Sposi”, afferma che i nomi non sono che “puri, purissimi accidenti”. Mi permetto di dissentire, confortata nelle mie convinzioni da un testo ben più autorevole, da molti ritenuto divinamente ispirato. Si tratta della Bibbia, libro primo, Genesi, allorché Dio intima all'uomo di nominare tutto ciò che lo circonda, perché qualunque nome avesse posto l'uomo, quello sarebbe stato ciò che lo identificava nel Creato. Riconoscendo così, a questo gesto del nominare, un'importanza enorme. Così è per noi nella nostra vita quotidiana dove l'onomastica, che studia i nomi degli uomini e delle donne, l'etnomastica, che ricerca i nomi dei popoli, e la toponomastica che raccoglie i nomi dei luoghi, costituiscono ciò che ci consente di orientarci nel mondo delle relazioni, là dove queste si esplicano. I nomi sono importanti perché, ora come mille anni fa, consentono un'ordinata vita sociale e comunitaria. Un nome si trasforma in toponimo allorché cessa di indicare un luogo generico ed inizia ad essere qualcosa di preciso e ben delimitato, si riferisce ad un solo posto per consentirne un immediato riconoscimento ed un'identificazione che entra a far parte della storia di ciascuno di noi. Ecco perché la toponomastica è così importante e meriterebbe uno sguardo alto, condivisione dei criteri, conoscenza del territorio, della sua storia e della sua geografia, di ciò che rappresenta o ha rappresentato nell'immaginario collettivo, della sua funzione sociale. Il toponimo è un segno linguistico a cui viene abbinato un referente e suscita emozione per l'immagine che suggerisce, perciò può anche non descrivere un paesaggio, ma certo deve interpretarlo e raccontare, a chi lo usufruisce, una storia: quella di una vita, di una città, di un popolo. Oppure descrivere un uso, una funzione, una caratteristica, anche a distanza di anni. Una qualsiasi cosa ci appartiene interamente ed essenzialmente quando abbia un nome. E tanto più quando ci sia diventata consueta e familiare. I nomi hanno un potere immediatamente evocativo: visivamente, concettualmente, emotivamente. Ho vissuto i miei primi anni a Trento in via Fratelli Perini e all'epoca non sapevo chi fossero e non mi interessava più di tanto. Avevo altro da fare e da pensare. Eppure il nome, quando lo sento o lo leggo anche ora, a distanza di tanti anni, subito mi fa apparire la strada com'era: i negozi, i bar, i personaggi che la vivevano, gli amichetti dei miei bambini, le mie amicizie, che in qualche caso si sono perse, in altre conservate. Ma quella strada, con quel nome, è ciò che identifica una parte della mia giovinezza. Nell'antichità pagana, la toponomastica era ispirata a divinità mitologiche oppure a trionfi militari. Penso alle tante Agorà, al Partenone, all'Acropoli, al Tempio di Marte, al Foro, al Circo Massimo. In epoca cristiana, vie , piazze e palazzi erano dedicati ai Santi e ai Martiri. E' solo con l'affermarsi dell'Illuminismo e della Rivoluzione Francese, e nella modernità, che la toponomastica assume un'ispirazione pedagogica, storica, celebrativa. Non sempre condivisa. Pensiamo solo a Trento, con il monumento a Dante di chiara ispirazione irredentista in periodo di dominazione asburgica; a via Canestrini, primo traduttore e divulgatore di Darwin, in una società governata dal clericalismo antiscientista. A dimostrazione che, a volte, la toponomastica può anche non accontentare tutti e spingere in avanti un ideale, un pensiero alto, la cultura e la storia, a scapito dei piccoli interessi di parte, di una mera lettura dell'esistente. La toponomastica può diventare momento educativo, è curiosità, scambio col resto del mondo, viaggio nella conoscenza dal particolare all'universale anche per le nuove generazioni. La toponomastica ha bisogno di sguardi super partes, di esperti, di storici, geografi, antropologi e letterati, di profondi conoscitori del pensiero. Non ha invece bisogno, a mio parere, di partiti e schieramenti contrapposti sulla base di ideologie. Per questo non credo che l'idea di affidarla a una commissione consiliare che propone e dispone, anche sulla base di singole segnalazioni, per poi passare al vaglio del consiglio comunale e quindi della provincia, sia una buona idea. Il procedimento è democratico, su questo non c'è dubbio, ma gli esiti sono purtroppo sotto gli occhi di tutti. Emblematico sarà, nel tempo a venire, il caso che stiamo discutendo: l'intitolazione delle vie, della piazza e del parco dell'area ex Michelin, ora quartiere Albere progettato da Renzo Piano. Un luogo che di fatto è stato espropriato della sua funzione di memoria della storia industriale della nostra città, delle fatiche e delle conquiste della classe operaia. Non basterà certo l'intitolazione alle Donne Operaie o allo Statuto dei Lavoratori (sembra persino una beffa, in un quartiere residenziale per ricchi!) a ridare dignità e valore a quel periodo storico e a chi l'ha vissuto. Sempre che le minoranze del consiglio comunale, che hanno presentato 400 emendamenti, lo consentano! Per ultimo vorrei ricordare le eterne assenti dalla toponomastica: le donne, rappresentate a livello nazionale e locale solo per il 3-4 %. A parte le Sante, ben posizionate, o alcuni nomi bizzarri di donne non meglio identificate (via della Zitta (!) a Porcia, Pordenone, ponte delle Tette a Venezia, da cui si affacciavano le prostitute, via delle Zoccolette a Roma e via delle Streghe a Perugia... tutti nomi che si commentano da soli), ben poche sono le donne ricordate per l'arte, la scienza, la letteratura, i meriti storici o politici. Insomma, qualche riflessione di genere andrà fatta, prima o poi: dalla funzione orientativa e pedagogica, ai criteri di merito o di celebrità necessari per “passare alla storia” (sic!). Anche se donne. Lucia Coppola
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LUCIA COPPOLA |
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